La moda etica ha il bel sorriso di Marina Spadafora, i suoi occhi blu, lo sguardo fermo, i capelli corti da ragazzina. Non è più una ragazzina Marina, ma è animata dalla volontà di cambiare il mondo che è prerogativa dei giovani e di quelli che giovani lo saranno per sempre. Marina Spadafora vuole cambiare il mondo della moda, un ambiente nel quale si muove con la disinvoltura di chi ha conoscenza in ogni settore del sistema: dagli imprenditori, agli stilisti, alle direttrici di giornali.
Vuole che il suo mondo rispetti l’ambiente, senza privarlo delle risorse naturali utilizzate per la coltivazione delle fibre (per ottenere un kg. di cotone servono 11.000 litri d’acqua) o inquinarlo utilizzando tinture nocive, che garantisca i diritti dei lavoratori impiegati nel tessile, soprattutto nei paesi più poveri dove lo sfruttamento di manodopera a costo bassissimo non risparmia neanche i bambini. Vuole che la moda non si accontenti più di essere solo bella ma sia anche pulita e giusta.
AUTEURS DU MONDE: LA COLLEZIONE PE 2017: GALLERY
Ho conosciuto Marina Spadafora a Milano grazie ad Out of Fashion, il corso di moda consapevole organizzato dall’associazione Connecting Cultures presso la Fondazione Gianfranco Ferrè. Marina è tra le docenti della masterclass dedicata all’etica e porta agli studenti la sua esperienza di attivista nel campo della sostenibilità ma anche di direttrice artistica di Auteurs du Monde, la collezione di abbigliamento di Altromercato che viene prodotta in vari Paesi del sud est asiatico, del Sudamerica e del Nordafrica e distribuita in una ventina di punti vendita in Italia.
Ci siamo incontrate più volte in occasione dei corsi e di altri eventi legati alla moda sostenibile e ogni volta mi colpisce per il suo entusiasmo e la sua disponibilità. Marina ha una grande comunicativa: è diretta, va subito al punto, cita per nome e cognome i buoni e i cattivi e adotta la stessa chiarezza di linguaggio davanti alle studentesse di Out of Fashion come alla platea dei Tedx Talks dove ha condotto uno speech sulla moda etica, o al congresso dell’Onu che per il suo impegno in ambito sociale e umanitario le ha consegnato nel 2015 a New York il premio Women Together.
Marina è una donna minuta ma incredibilmente energica. Vive tra l’Italia dove hanno sede gli uffici di Auteurs du Monde, New York dove risiede parte della sua famiglia e Santo Domingo, dove dirige la nuova succursale della Parsons School For Design di New York curando i corsi di fashion design, textile design, ethical fashion e fashion careers. Poi ci sono i viaggi in ogni angolo del mondo per seguire produzioni di moda solidale, come le 50.000 borse realizzate in Etiopia con il brand Pinko per il Progetto Fashion 4 Development patrocinato dall’Unesco. Un’esperienza che ha condiviso con Franca Sozzani, la direttrice di Vogue Italia recentemente scomparsa e Goodwill Ambassador dell’iniziativa umanitaria.
Marina conosce bene la moda e le sue logiche: è figlia di una famiglia di imprenditori tessili di Bolzano, ha studiato fashion design a Los Angeles lavorando a lungo per il cinema come costumista.
Tornata in Italia alla fine degli anni ’80 ha lanciato una collezione di maglieria che si è subito distinta grazie alla qualità e all’innovazione dei suoi prodotti diventando nota in tutto il mondo. Dopo la vendita dell’azienda di famiglia, la collaborazione con grandi marchi della moda come Ferragamo, Prada e Miu Miu.
L’ambiente della moda, che agli occhi delle fashion victim appare un distillato di glamour, a Marina però stava stretto. Fin da ragazza aveva avuto uno sguardo aperto sul mondo, sulle tematiche sociali e sulle sfide ambientali sviluppando una coscienza che non era mai scemata nel corso degli anni. “Proprio quando ho cominciato a lavorare con grandi marchi del lusso ho avvertito l’esigenza di realizzare qualcosa che mi assomigliasse di più – si racconta – Qualcosa che potesse coniugare la mia professionalità con quello che avevo a cuore. Ero stanca di interi pomeriggi impiegati a decidere la lunghezza di un orlo”.
Il passaggio alla dimensione che cercava è avvenuto abbastanza in fretta con il coinvolgimento in un progetto di produzione di abbigliamento tutto autoctono in Burkina Faso. Era il 2007 e da allora Marina non si è più fermata: prima la collaborazione con il brand di lusso etico Cangiari in Calabria, poi l’impegno a tempo pieno con Altromercato.
La professione di stilista va di pari passo con l’impegno di attivista: è tra le promotrici della campagna di sensibilizzazione Fashion Revolution, nata dopo la tragedia di Rana Plaza, la fabbrica in Bangladesh crollata nel 2013 causando la morte di 1129 persone (la maggior parte donne) che producevano abbigliamento per noti marchi mondiali. Spadafora coordina l’attività in Italia ed ha coinvolto con il suo entusiasmo tanta gente comune ma anche molte celebrities, convincendole a posare con l’etichetta degli abiti in vista e la scritta “Chi ha fatto i miei vestiti” indirizzata ai produttori di moda perché si assumano la responsabilità di una filiera trasparente.
La strada intrapresa da Marina nel mondo della moda non è facile ed è sempre in salita. Ci vuole convinzione, energia e molta pazienza. Non solo nei confronti dell’establishment, notoriamente poco empatico rispetto ai temi che lei solleva come attivista ma anche delle piccole realtà locali che costituiscono la rete produttiva di Auteurs du Monde e che lavorano tra mille difficoltà.
Ma non ho mai visto uno stilista felice come Marina quando parla del suo lavoro. Il suo sorriso, il suo sguardo fermo che guarda lontano, ci dice che cambiare il mondo si può e che provarci è una cosa bellissima.
5 Comments
Paola
2 Febbraio 2017 at 16:19Grazie! Non avevo idea che dietro a questo brand ci fosse una donna così. Penso che oggi il concetto di sostenibilità non possa prescindere da nulla, ed è bello conoscere chi ci è arrivato in anticipo, con lungimiranza e generosità
Paola
2 Febbraio 2017 at 18:19Sono contenta che ti sia piaciuto il mio post: abbiamo tanti valori in comune Paola! 🙂
lillyslifestyle
31 Gennaio 2017 at 9:54Lodevole la passione e le azioni di Marina. Il problema legato all’ambiente/moda è una ferita aperta da sempre. Spero riesca nella sua impresa e che ispiriti stilisti di tutto il mondo ad adottare metodi più rispettosi nei confronti di Madre Natura!
infuso di riso
30 Gennaio 2017 at 17:29complimenti paola,
bello bello davvero, un post completo e interessante che rende giustizia a un ideale di moda equo sostenibile e fashion anche!
daniela
Paola
30 Gennaio 2017 at 18:21Grazie Daniela, la moda sostenibile è la mia passione ed è bello sapere che è promossa da donne come Marina Spadafora. Ciao e a presto!